Internazionalizzazione e lingue: inglese o… americano?

L’internazionalizzazione, per un’azienda, parte anche dalla conoscenza delle lingue straniere. Oggi grazie ai nostri partner di Languages at Work analizziamo una questione che a volte preoccupa le aziende, e altre volte non è nemmeno presa in considerazione a seconda del livello di consapevolezza generale.

Inglese… inglese o americano?

C’è il British English e c’è l’American English e questo lo sappiamo. Sappiamo anche che molte delle differenze possono nascere dal fatto che una lingua ‘madre’ viene portata in un nuovo paese dove può mescolarsi ad idiomi locali o creare neologismi a seconda della nuova realtà in cui viene applicata, insomma si adatta ed evolve e questo vale, a prescindere, per tutte le lingue.

Ma nel caso dell’inglese parlato in Inghilterra e di quello parlato oltreoceano, forse non tutti sanno che possiamo dare una buona parte della responsabilità della differenziazione della seconda lingua rispetto alla prima al signor Noah Webster.

Webster, nato in Connecticut nel 1758, fu scrittore, editore, lessicografo, traduttore di Bibbie e riformatore di testi americano, così attivo e prolifico da essere soprannominato il “Padre dell’educazione e della scuola americana”. Tanto aveva a cuore questa educazione, da credere che una gloriosa e giovane nazione come quella americana dovesse avere una lingua propria che, pur non volendo abbandonare completamente la ‘madre’ inglese, dovesse raggiungere la maggiore età e diventare nota con un proprio status di lingua Americana o inglese americano.

La ragione di questa convinzione nasceva dal fatto che Webster considerava l’inglese britannico una lingua che già di per sé era stata snaturata da influenze francesi e ancora prima latine, quindi era necessario adattare la lingua inglese alle nuove esigenze di una nazione che guardava al futuro e non al passato.

Meet Mr. Webster!

Le principali differenze che Webster introdusse nella lingua furono legate alla logica di uno spelling più agevole, per esempio: ‘colour’ diventa ‘color’ visto che la ‘u’ è praticamente inesistente a livello di pronuncia e così in generale tutte le parole che in inglese contengono il gruppo ‘our’ in americano perdono la ‘u’; ‘centre’ diventa ‘center’, sempre seguendo la pronuncia della parola, e così tutte le parole che terminano in ‘-tre’ finiscono in ‘-ter’ in americano; ‘traveller’ diventa ‘traveler’, dato che la doppia elle è praticamente inesistente pronunciando la parola e stesso destino per molte altre parole con consonanti doppie. Capitolo a parte anche per i verbi che teminano in ‘-ise’ in inglese e che diventano ‘-ize’ in americano, la pronuncia della ‘s’ è identica alla pronuncia della ‘z’ in simili finali di parola, così ‘organise’ diventa ‘organize’, ‘analyse’ diventa ‘analyze’ e via dicendo.

Per non parlare della pronuncia delle vocali, delle differenze nell’uso dei tempi o delle parole che cambiano completamente.

Del resto George Bernard Shaw disse: “England and America are two countries separated by a common language!” (Il Regno Unito e gli Stati Uniti sono due nazioni divise da una lingua comune).

Well, thanks Mr. Webster, we won’t criticize you for adding new colors to the English language 😊! Do you want lo learn more? Have a look here.

Photo by Wioson JIANG on Unsplash

Disclaimer: The content of this article is intended to provide a general guide to the subject matter. Specialist advice should be sought about your specific circumstances. Il contenuto di questo articolo ha lo scopo di offrire informazioni orientative alle imprese. Vi invitiamo a chiedere una consulenza specialistica relativamente alla Vostra situazione specifica.

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